domenica, giugno 2

La Grande Bellezza - Paolo Sorrentino






Personalmente, più di tutti, mi piace ascoltare quelle persone che sanno raccontarti un aneddoto con poche parole ma ponderate, in modo che tu capisca e possa immergerti gustando appieno il senso del racconto.

La Grande Bellezza dipinge, non racconta semplicemente.
Si rimane affascinati per quasi tre ore, a rimirare Roma ed i romani, in una precisa quanto succosa ed impietosa rappresentazione della povertà umana. Non è solo questo, ovviamente, ma sarebbe retorico parlare della luce di Roma, degli splendidi palazzi ormai appannaggio di un'elite decaduta e misera, delle Signore in tenuta botox pronte a tutto pur di essere invitate alle kermesse.

Che altro?
L'horror vacui, è superfluo dirlo, magistralmente impersonificato da Toni Servillo, nei panni dello scrittore viveur troppo intelligente per lasciarsi corrompere dalla movida di Cinecittà ma, d'altro canto, troppo narciso per non strizzarle l'occhio.

Gli apostrofi e le virgole, leggasi scene secondarie ma pregne di significati umani troppo umani.

I primi piani, così intensi da farti credere che Sorrentino abbia conosciuto davvero quel tipo di romano infoiato di Trenini ("che non portano da nessuna parte"), che abbia davvero riflettuto sul perché di una terrazza vista Colosseo popolata da starlette senz'anima, che abbia annusato il marciume di una sottociviltà che rigurgita sè stessa, sprezzante del tempo che passa, ne sarà affascinato? Ne vorrà denunciare la vacuità? Lo spaventa o lo eccita?


Certo è che Roma, belli miei, Roma è così bella ma così bella che lascia senza fiato.

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